Articoli su Giovanni Papini

2012


Arthur Muscat

Papini e il Movimento Futurista
Un breve sguardo al primo Novecento

Pubblicato in: Symposia Melitensia, vol. 8, pp. 121-130
(121-122-123-124-125-126-127-128-129-130)
Data: 2012



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Abstract:

The aim of this article is to highlight the relationship between Giovanni Papini (1881-1956), a self-taught megalomaniac Tuscan intellectual, and the Futurist movement which a imed to integrate Italian with European culture. The review Leonardo was founded, with this in mind, by Papini and Giuseppe Prezzolini. Papini was throughout of a highly-charged character: indeed, he was first an agnostic, and later a devout Christian. His father was an atheist while his mother was a staunch Catholic. This may partly explain his continual adaptations to new and challenging experiences. Futurism was another opportunity that Papini, whose motto seemed always to be “carpe diem”, delved into. Disillusioned by all previous experiences, he eventually found his fulfillment in the Roman Catholic faith.

KEY WORDS: twentieth century, cultural anxiety, revolutionary nature, graphomaniac, renewal, Futurism, F. T. Marinetti


Riassunto:

Il saggio mette in rilievo i legami che intercorrono tra l'agnostico Giovanni Papini (1881 - 1956) e il movimento futurista fondato da F. T. Marinetti. Nel 1903 Papini fonda, insieme a Giuseppe Prezzolini, la rivista Leonardo con lo scopo di rinnovare la cultura italiana. Figlio di un ateo, Giovanni viene battezzato da sua madre all'insaputa del padre. La vita di Giovanni Papini è contrassegnata da scelte intellettuali contrastanti. Nel 1921 egli annuncia la sua conversione al cattolicesimo, pubblicando La Storia di Cristo.

PAROLE CHIAVE: Novecento, inquietudine culturale, indole rivoluzionaria, grafomane, rinnovamento, futurismo, F. T. Marinetti


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Agli albori del XX secolo nascono in Europa diversi movimenti artistico-culturali. Le avanguardie tendono alla rottura radicale con i codici artistici tradizionali e con le convenzioni borghesi. Vengono rifiutati i valori tradizionali e lo stesso concetto di arte. Secondo questo credo letterario l'arte deve scuotere e addirittura sconvolgere la vita, deve contribuire inoltre a migliorare l'esistenza. Il compito dell'artista (si ricordi Gabriele D'Annunzio) è quello di costruire una vita "estetica" dominata dall'arte. Si cerca poi di abbattere ogni barriera tra le varie arti. Il futurismo, l'espressionismo, il dadaismo, il surrealismo sono dei movimenti avanguardistici che lasciano un segno indelebile nei primi vent'anni del Novecento.
   I primi anni del Novecento sono caratterizzati dunque da inquietudini culturali, sociali e politiche. E da questa considerazione che bisogna partire per una comprensione totale delle inquietudini culturali in cui Giovanni Papini (1881-1956) viene a trovarsi con alcuni suoi amici che auspicano, come lui, il rinnovamento e l'audacia.
   In Italia, nei primi anni del Novecento, si verifica uno straordinario sviluppo industriale dal quale deriva una sorta di 'illusione ottica', come ha affermato lo storico dell'industria italiana, il Morandi. Per certi versi, infatti, si ha l'impressione che l'Italia sia ora diventata una grande potenza e come tale debba conquistarsi quel posto, quel prestigio che le spetta. Costituita nel 1899, la Fiat è un ottimo esempio del travolgente sviluppo industriale ed è la prima fabbrica, ma nel 1904 ce ne sono già sette e due anni dopo, settanta. Attorno a questo settore dell'industria si muove un turbinoso alone di interessi e di propaganda e così nel paese industrialmente meno progredito d'Europa si scatena un furore agonistico. Di fatto mentre la Francia e la Germania raddoppiano la produzione dell'acciaio e l'Inghilterra la accresce di un decimo, l'Italia aumenta la produzione di ben dodici volte, grazie anche alle tariffe doganali protezionistiche. Proprio in quegli anni i futuristi proclamarono che una macchina da corsa “è più bella della Vittoria di Samotracia” 1. Questo aumento di produzione è cosa da nulla se rapportato alla situazione globale dell'industria europea, ma è comunque cosa notevolissima rispetto alla situazione italiana di dieci anni prima. Il fervore nella penisola è così grande che nelle più significative riviste culturali del tempo si parla spesso di produttori e di nazione produttiva. Si comincia a parlare del Tour de France, ad ammirare i film di Melies e ad ascoltare il proprio soprano preferito sul fonografo. L'Italia ha inoltre la sua rete di ferrovie. Parlare al telefono non e più una singolarità.

Papini prima della sua adesione al movimento futurista

Fin dall'infanzia Papini mostra un'inclinazione straordinaria per il sapere. I libri lo affascinano ed è preso da una vera e propria frenesia: leggere, leggere, leggere, leggere dovunque, leggere qualsiasi carta sulla quale ci siano parole scritte. Avendo qualche soldo - i suoi gli danno qualche monetina al giorno


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per i vizi - il povero Papini si sente sempre incerto su come spenderli: comprare un libro o tre quaderni? La sua energia non conosce riposo. Vuole scrivere infatti un nuovo commento alla Bibbia, lo assale il desiderio di studiare e compilare una storia universale e subito dopo una storia letteraria mondiale comparata. Non per niente confessa di essere nato “con la malattia della grandezza.” 2 Così l'autodidatta Papini continua a leggere e a studiare senza però un preciso disegno. Egli vuole solamente saper tutto. Questa mania di sapere, questa passione per il tutto è una caratteristica tutta sua che continuerà a seguirlo fino all'ultimo respiro della sua vita. Trascorre la sua adolescenza in mezzo ai libri, alla ricerca di cose nuove. Nessun ostacolo lo ferma, in quanto ogni contrarietà gli serve da stimolo.
   Appena adolescente egli si accorge di un'altra mania tipicamente papiniana: quella per le riviste. Infatti appena superati gli anni di scuola - la quale, secondo lo stesso Papini, rappresenta il maggior impedimento per lo studio - con altri due studenti fonda una specie di congrega letteraria che chiamano La Trinità, nella quale si dibattono le tesi più ardite. Per regola di statuto ognuno a turno deve “sostenere una tesi e scrivere una specie di memoria destinata ad essere letta e discussa dagli altri due ai quali è imposto, pena la vergogna, di esser sempre contrari al terzo”. 3 Dopo una discussione litigiosa non si parla più della Trinità.
   Sono degli episodi sintomatici in quanto gettano un barlume di luce sull'indole rivoluzionaria e grafomane dell'adolescente Papini. Studiandolo dobbiamo tener conto della sua innata irrequietezza, della sua impulsività e della sua ansia di sapere. I primi ingenui tentativi, appena brevemente tracciati, ci servono come buon punto di partenza per un ulteriore chiarimento sul suo carattere, che diventa sempre più aspro e violento man mano che passano gli anni. Quando ha qualcosa da dire, quando non si sente d'accordo, iI duca (come lo chiamava dantescamente Benedetto Croce) non ha paura di esprimere quel che pensa. Più passa il tempo più iI Papini sente un profondo bisogno di un foglio tutto suo. Nasce il Leonardo (gennaio 1903 - agosto 1907). Il programma sintetico, pubblicato sulla prima pagina del primo numero, dichiara:

  Un gruppo di giovani, desiderosi di liberazione, vogliosi d'universalità, anelanti ad una superiore vita intellettuale si son raccolti in Firenze sotto il simbolico nome augurale di Leonardo per intensificare la propria esistenza, elevare il proprio pensiero, esaltare la propria arte.

   Il Leonardo suscita subito scalpore e scandalo, piace e dispiace, urta e irrita. Nell'articolo Campagna per il futuro risveglio (Leonardo, agosto 1906) si esprimono idee nazionalistiche predicate in seguito sia dal fascismo sia dal futurismo. Saranno ampliate da Marinetti, ma il tono non cambierà. Il fondatore del futurismo troverà terreno fertile e pronto ad accogliere le sue idee in quanto circola già nell'aria il desiderio di un profondo rinnovamento. Benché il futurismo sia ufficialmente fondato da Marinetti nel 1909, ciò non


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esclude che prima della fondazione non ce ne siano tracce. Papini parla “di far qualcosa d'importante” e “di strappar' le anime dai solchi della vita comune” mentre esalta l'audacia di essere pazzi. La guerra è considerata, questa volta e Prezzolini che parla, come la regina di tutte le cose. Siamo nel 1906 ed è facile cogliere in ciò che è scritto su Leonardo, prima e dopo quest'anno, temi e motivi futuristi.
   I vagheggiamenti dello Stato forte, le esaltazioni nazionalistiche che già nell'Ottocento erano visibili, ora assumono connotazioni ben più virulente: sul Leonardo (diretto da Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini) su Il Regno (giornale di destra condotto da Enrico Corradini) e nelle serate futuristiche folti gruppi di intellettuali (fra gli altri, Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Ardengo Soffici e lo stesso Papini) esaltano l'avventura, il rischio nonché la missione africana dell'Italia. Così facendo si esprime il disagio e l'agitazione di una porzione audace della popolazione.
   Agli inizi del Novecento la nuova generazione viene attratta da idee nazionalistiche e imperialistiche che portano l'Italia alla guerra libica. La maggior parte del popolo non vuole la guerra, ma purtroppo una minoranza la pensa diversamente. Questi considerano l'unità d'Italia non come la fine di un'ardua impresa, ma addirittura come il suo inizio. Il Regno esalta la guerra in quanto “sola igiene del mondo”. Su Lacerba, rivista futurista, il Papini loda il “caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e trepidumi di latte materno e di lacrime fraterne”. 4 D'Annunzio inizia l'incitamento alla violenza, all'esaltazione della tecnica squadrista e alle adunate oceaniche di cui, dopo, il fascismo si glorierà. Infatti “il banco di prova di questi moti di cultura fu il fascismo, il cui linguaggio e la cui ideologia è possibile ritrovare in tanti di questi fermenti e in questi uomini che non a torto se ne vantarono poi precursori; e ne ebbero ricompensa”. 5
   In questo clima di agitazione, nel periodo durante il quale il futurismo gode stima negli ambienti letterari, di rado nascono opere letterarie. Un'opera d'arte richiede ben altra atmosfera, più stabile, più razionale. Il futurismo rifiuta tutto questo, di conseguenza “non lascia una pagina di poesia, all'infuori di qualcuno dei Manifesti di Marinetti”. 6 I futuristi tentano, tramite la protesta, di trovare una soluzione alle nuove idee rivoluzionarie, ma non trovano ne sbocco ne soluzione, anche se il loro influsso è grande in Russia con Vladimir Majakovskij.
   Ed è in questo quadro così instabile sia politicamente sia culturalmente che va inquadrato e studiato Giovanni Papini.

Papini e la sua esperienza futurista

Ciò che spinge Papini - una personalità ben disposta alle più diverse sollecitazioni inte1lettuali - e Soffici a dare vita a Lacerba è proprio la richiesta e


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la realizzazione di una “libertà” letteraria e artistica da parte di coloro (Papini e Soffici in primis) che si sentono inespressi nella Voce prezzoliniana. Si tratta di una ribellione consapevole, derivata da ragioni letterarie prepotenti. L'impronta che il Papini dà alla rivista suscita immediatamente scalpore. E non ci meraviglia. Papini, sempre avido di rinnovarsi e di rinnovare, cerca nuove vie per portare avanti le sue idee.
   Già dalle origini Lacerba è in certo senso futurista. Si presenta come una rivista pronta al confronto. Il lessico adoperato nei primi numeri mette in evidenza il furore rivoluzionario. Si scrivono frasi come “una società di pinzocheri” e “tutto è nulla nel mondo tranne il genio”. 7 L'anticlericalismo, l'antimoralismo e l'anarchismo dei lacerbiani Papini e Soffici è dichiarato già in partenza .
   Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canagliena degli uomini e nel loro desiderio di star più tranquilli e di osservare alla meglio i loro aggruppamenti. 8
   Seguendo le orme del movimento futurista, Lacerba abbraccia - oltre la letteratura - Ia libertà, la morale e la religione. La rivista ha, sin dall'inizio, accenni futuristi prima ancora della fusione ufficiale con il movimento di Marinetti. Qualche volta, infatti, le affinità sono così vicine che fanno supporre una probabile adesione già prima del lancio di Lacerba. 9 Le affinità ci sono, ma non possiamo fidarci solo di queste. Infatti se dovessimo giudicare le affinità tra gli scritti di Papini e quelli dei futuristi per arrivare alla conclusione di un diretto influsso dei futuristi su Papini prima di Lacerba, risulterebbe che Papini e già sotto l'influsso di Marinetti quando ancora dirige il Leonardo con Prezzolini. Ma non e così. C'è più di un'affermazione che prelude i temi e i motivi futuristi: il socialismo considerato come “panborghesismo moderato” da “aborrire e combattere” e anche la necessità di “strappare le anime dai solchi della vita comune”. Una spiegazione a questa forma mentis va ricercata proprio nella turbolenta situazione socio-politica che travolge, come abbiamo già visto, un'intera nazione. Papini, il curioso ribelle intellettuale, non e un'eccezione. Il futurismo, dunque, con tutti i suoi estremismi, gli è vicino benché egli abbia sempre le sue riserve da formulare.
   Si passa, dunque, da una fase di iniziale accordo con i futuristi ad un'identificazione. D'ora in poi “Lacerba è aperta al cavallo troiano di Marinetti” e si dissolve nell'obbedienza alla necessità storica. 10 Per i futuristi Papini è un altro titolo di gloria. Così giudica l'accordo tra Papini e il movimento futurista Gianni Scalia:

  Il programmismo futurista trova in Papini un'accettazione rielaborata in forme specifiche, intellettualmente (e sofisticamente) abili e sollecitanti; precisamente si attua uno scambio di


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parti e di funzioni a misura che le velleità praticistiche prevalgono sulle riserve, il gusto della pubblicità oratoria scarta le considerazioni critiche e l'eloquenza delle “idee” si incarna nella eloquenza dei fatti. 11

   Papini è l'uomo giusto perché possiede proprio l'indole rivoluzionaria tanto esaltata dal futurismo prima e dal fascismo poi. Ecco che cosa scrive Papini a Soffici, suo compagno di battaglia, a proposito della sua insaziabile ambizione di comando:

   Io vorrei diventare davvero (posso farti ormai questa confidenza) la guida spirituale della giovine, giovanissima e futura Italia, di questa povera Italia che non ha nessuno, nessuno che scenda al suo popolo [...] 12

   Secondo Giovanni Grana anche i compagni del Leonardo “subirono [...] fortemente la suggestione dell'aggressivo temperamento, della passione, delle idee del giovane Papini”. 13 E una volta messo al lavoro “il temuto dittatore di mezzo secolo letterario” lavora instancabilmente. 14
   Il periodo di più stretta amicizia e di accordo ideologico con i futuristi è predominante in Lacerba 1913-14. Papini non si accontenterà mai se non avrà un altro foglio tutto suo, sotto la sua direzione.
   Nel terzo numero di Lacerba, datato 31 febbraio 1913, il Papini scrive “un articolo sul futurismo in cui dice con la maggior schiettezza possibile quel che ne pensa in bene e in male”. In seguito a questo scritto intitolato Il significato del futurismo Marinetti lo invita a “fare un discorso a Roma su quell'argomento”. Così il 21 febbraio 1913 al teatro Costanzi si tiene una “serata futuristica” dove il Papini legge il suo famoso scritto, in seguito pubblicato e diventato famoso sotto il titolo di Discorso di Roma. Il tono polemico e più aspro che altrove. È un discorso pieno di speranze suscitate in lui dalla nuova avventura e dal vecchio odio per il bizantinismo, le mediocrità borghesi e tutto ciò che sa di antichità. Così Papini continua a scaricare il suo spirito inquieto.
   Su Lacerba trova collocazione e sfogo, esasperandosi sino alle sue estreme conseguenze, quella componente di rivoluzionarismo anarchico e gratuito, quell'atteggiamento iconoclasta fatto più di boutades letterarie che di maturate convinzioni che oltre che nel Leonardo era talvolta affiorato anche sulle pagine di La Voce e si era rivelato in pieno e irrobustito col futurismo. 15

   Il futurismo da a Papini l'opportunità di esprimersi davanti al pubblico in teatro, un'opportunità che prima non aveva. Si tratta di un'esperienza nuova a cui il Papini non sa rinunciare. Il Discorso di Roma suscita nel pubblico stupore generale. In tutti i suoi articoli, e non soltanto in quello appena citato, si nota il profondo disprezzo che il Papini prova contro la tradizione e la profondissima ammirazione per lo spirito rivoluzionario e il “divino domani”. Vi si leggono appelli passionali e intellettuali, una continua convocazione di lettori e di spettatori insieme provocati e atterriti dall'individualismo demiurgico e dal cerebralismo pedagogico.


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La messa in scena è perfetta e lo scompiglio arriva puntuale ogni settimana. In queste serate futuristiche i concetti più cari vengono abbattuti da una furia iconoclasta del tutto prevedibile: si combattono gli affetti e le convinzioni, l'amore dei genitori e della famiglia, il culto della morte e della vecchiaia, la bellezza dell'amicizia, la coscienza del passato e della storia, il dovere della società intellettuale. Si propone di abolire i cimiteri, di chiudere le scuole (il Papini odia immensamente le istituzioni scolastiche) di uccidere le donne e i deboli.
   Dalle pagine di Lacerba Papini, come i suoi amici futuristi, combatte per la guerra. Essa è infatti dipinta come “una bella innaffiatura di sangue per l'arsura dell'agosto” e “una rossa svinatura per le vendemmie di settembre”. 16 Leggiamo un brano:

Finalmente è arrivato il giorno dell'ira dopo i lunghi crepuscoli della paura. Finalmente stanno pagando la decima dell'anime per la ripulitura della terra [...].
E' finita la siesta della vigliaccheria, della diplomazia, dell'ipocrisia e della pacioseria. I fratelli sono sempre buoni ad ammazzare i fratelli! i civili son pronti a tornar selvaggi, gli uomini non rinnegano le madri belve.
Non si contentano più dell'omicidio al minuto.
Siamo troppi. La guerra è una operazione malthusiana. C'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perchè si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita. l ...J
La guerra, infine, giova all'agricoltura e alla modernità. I campi di battaglia rendono, per molti anni, assai più di prima senz'altra spesa di concio. Che bei cavoli mangeranno i francesi dove s'ammucchiarono i fanti tedeschi e che grasse patate si caveranno in Galizia quest'altro anno! [ ...J
Amiamo la guerra ed assaporiamola da buongustai finché dura. La guerra è spaventosa - e appunto perché spaventosa e tremenda e terribile e distruggitrice dobbiamo amarla con tutto il nostro cuore di maschi.


   Questa pagina di Papini ci dà una chiara idea di come in tale atteggiamento coesistano satanismo letterario, gratuito gusto di provocazione e cinica disponibilità all'avventura. Salvatore Guglielmino condivide il giudizio gobettiano di una “letteratura canagliesca”. Lacerba si presenta subito come una rivista pronta al confronto. Il lessico usato nei primi numeri mette in evidenza il loro furore rivoluzionario.
   Nel 1914 cominciano o riappaiono i primi dissensi. Ironicamente i primi attriti tra Papini e il movimento futurista si verificano dopo qualche settimana dall'adesione al futurismo da parte di Papini. Passata la grande serata al teatro Verdi di Firenze, Papini avanza le prime obiezioni contro l'intransigenza


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futurista che impone l'adesione piena e incontrastata ai principi dell'antipassatismo assoluto, delle parole in libertà e di tutto quello che tende all'estremismo futurista. Marinetti non si muove un centimetro dal punto ideologico iniziale. Ecco un brano a proposito dell'intransigenza marinettiana:

Consideriamo sempre come ignobili sfruttatori del futurismo coloro che si dichiareranno pubblicamente futuristi senza difendere questi principi... sono, saranno ammessi e rimarranno del gruppo direttivo soltanto quei futuristi che, anche giovanissimi e sconosciuti, abbiano dimostrato forza futurista, spirito e muscoli aggressivi, fede entusiastica nei manifesti futuristici ed in noi, iniziatori del futurismo. 17

   Ma il Papini è troppo intelligente per non avvertire le assurdità sia di Marinetti sia del movimento intero. È il 15 febbraio 1914. Papini obietta al futurismo di cadere nella mimesi naturalistica e nell'attivismo indiscriminato. Il suo spiritaccio gli detta il noto articolo Il cerchio si chiude; un articolo che fa esplodere una polemica, assai feroce, tra Papini e i futuristi.
   Ci troviamo di fronte alla pura materia, il cerchio si chiude. L'arte ritorna realtà, il pensiero si riabbandona all'azione. C'è il caso che per amor di quell'arte che è il nostro unico amore si caschi fuori dell'arte e si torni all'estrema vergogna della verisimiglianza - al vero autentico e di prima mano. C'è il caso che per bramosia del nuovo a tutti i costi si vada a finire in una casa talmente vecchia che è più vecchia dell'arte medesima - cioè nella natura allo stato naturale.
   Immediata e violenta è la risposta (apparsa nel numero successivo) dei futuristi che rispondono tramite Boccioni. 18 Egli mette in evidenza l'intransigenza del movimento. L'articolo si intitola Il cerchio non si chiede in contrapposizione con quello papiniano. Vi si nota l'indignazione con la quale l'articolo viene ricevuto dai fautori del movimento. Secondo Boccioni l'articolo è “indegno di te”. Ogni tentativo di tappare la falla non avrà esito. I rapporti con i lacerbiani si fanno sempre più freddi; cominciano anche le divergenze e le crisi all'interno del movimento futurista. Palazzeschi, ad esempio, si dichiara neutralista e si oppone all'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale che viene invece propagato dal movimento futurista. Una tale discrepanza segna un distacco definitivo.
   Papini, da parte sua, spalleggiato da Soffici e da Palazzeschi, controbatte scrivendo l'articolo Futurismo e marinettismo. L'articolo sancisce il divorzio tra i tre fiorentini (che si proclamano i soli autentici futuristi) e i futuristi milanesi, chiamati con dispregio marinettisti. Il futurismo come movimento è accreditato dall'originalità di un movimento di pensiero con serie basi teoriche, mentre Marinetti è accusato di essere un fenomeno isolato, privo di approfondimento.


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Lacerba ha influenzato particolarmente ambienti letterari, la piccola borghesia e il ceto professionistico. Scoppia la guerra e Papini fa morire Lacerba. Egli annuncia la chiusura della rivista in tono di trionfo:

Abbiamo vinto!
Possiamo essere contenti di noi e dell'Italia. La guerra si prepara. La mobilitazione è in atto [...] abbiamo sofferto molto in questi ultimi mesi [...] Non abbiamo mai dubitato della giustezza del nostro programma.
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   Il “caldo bagno di sangue” comincia a trasformarsi in una tragica realtà.

Perché Papini aderì al movimento futurista?

Le conclusioni a cui diversi critici letterari sono giunti li trovano sostanzialmente d'accordo, anche se non mancano delle sfumature diverse. Il biografo di Papini Roberto Ridolfi giudica molto negativamente il movimento futurista. Secondo Ridolfi infatti il movimento fascista è un movimento da battere senza badare alle conseguenze che si possono trarne. Lo stesso autore riporta nel libro una citazione molto importante per quel che riguarda Marinetti e il suo comportamento. Scrive:

André Gide, pur giudicandolo “un sot... qui n'a jamais su se rèduire au silence” confessa di essere dovuto partire a precipizio per la campagna una volta che n'era stato preso di mira: “Si je l'avais revu, c'en était fait de moi; j'allais lui trouver du genie”. Ebbene Papini e Soffici non gli trovarono affatto del genio, ma non seppero resistergli. 20

   Questo giudizio non convince. Papini non si sarebbe mai impegnato in una nuova avventura se non fosse stato profondamento convinto che tale esperienza valesse la pena. Ridolfi cerca sempre di minimizzare il ruolo svolto da Papini nel movimento futurista. Nel suo libro dedica meno di due pagine riguardo alla partecipazione di Papini in seno al movimento futurista. 21 Egli ignora tutti gli istinti futuristici già incisi nell'animo di Papini prima ancora che aderisse al movimento di Marinetti.

Io sono stato, in un certo senso, un futurista prima del futurismo. Il futurismo è distruzione e assalto [...] futurismo è guerra contro l'accademia [...] futurismo è liberazione dello spirito dai vecchi legami [...] futurismo è amore del movimento e del tumulto [...] futurismo è odio smisurato contro la mediocrità, l'imbecillità, la vigliaccheria, l'amore dello status quo e del quieto vivere. 22

   Le riserve che Papini ha mostrato in precedenza verso il futurismo (la solidarietà coatta di gruppo, l'agitazione pubblicitaria, le manifestazioni collettive) in seguito cadono e si dissolvono. Va anche sottolineato che Papini non si convince da solo ad aderire al movimento. Occorre un mediatore, Giuseppe


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Prezzolini, per colmare momentaneamente la lacuna che esiste tra Papini e Marinetti. Papini ha sempre la volontà di teorizzare con il futurismo, anche quando il suo contributo raggiunge il massimo. Negli affari filosofici la violenza non basta; ci vuole la macchina razionale e quella è troppo pesante e lunga. Ed è proprio questo spirito pronto al confronto che l'aiuta a rifiutare il futurismo di Marinetti.
   Ridolfi dipinge Papini come una vittima di un movimento da scartare anche se alla fine ammette che “se [ndr Papini] l'avesse scansata [ndr l'esperienza futurista], sarebbe come se un grande esploratore si fosse lasciato alle spalle un paese inesplorato; come se Ercole, quando ebbe alle mani tutte insieme le cinquanta pulzelle, avesse mancato di far prova della cinquantesima, e fosse pure un po' guercia, storta, scrignuta”. 23
  Concludiamo questa nostra breve indagine citando l'amico di Papini, nonchè co-fondatore della rivista culturale Leonardo, Giuseppe Prezzolini:

   Certo molti dei migliori han sentito il bisogno, almeno per qualche tempo, di dirsi futuristi. Con ciò essi affermavano l'anelito la coscienza di un compito in comune [ ... ] E cioè, il compito di creare in Italia un'arte del nostro tempo, un'arte viva, nervosa, libera, senza tradizione, dove tutto fosse permesso, perfetta conseguenza e sublimazione di tutta quella del secolo XIX che ha sempre avuto la caratteristica d'essere arte di ribellione e di non venire capita dal pubblico che dopo lunghe lotte e propaganda di un'avanguardia di iniziati. 24

   E così fu.


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